Aldo De Scalzi: "La Sampdorianità era nel mio DNA"

14.02.2017 18:48 di  Maurizio Marchisio   vedi letture
Aldo De Scalzi: "La Sampdorianità era nel mio DNA"
© foto di Aldo De Scalzi

Il musicista genovese Aldo De Scalzi si è raccontato davanti alle telecamere di Samp.tv. Tra gli autori di Lettera da  Amsterdam e dell'album blucerchiato inciso nella stagione '90/'91, De Scalzi ha raccontato, chiaramente emozionato, gli aneddoti che legano la sua storia a quella della Sampdoria. Chi meglio di lui potrebbe dirlo, perchè ci lega un filo un filo che mi porta dritto a Lei. Non solo passato, ma anche futuro, con importanti progetti che coinvolgono altri musicisti blucerchiati.

"In casa mia c'era un pianoforte, mia madre era diplomata in pianoforte, nonostante poi avesse scelto di fare la cuoca. Si suonava, io ero il terzo di tre figli, mio fratello Vittorio suonava la chitarra, era andato a studiare dal maestro Palli che era stato uno dei primi maestri di chitarra al conservatorio ed io ovviamente in casa col pianoforte inevitabilmente strimpellavo.

Mio padre, Gianni, all'anagrafe Giovanni Battista De Scalzi avrebbe voluto portarmi allo stadio a vedere la Sampdoria dove lui andava perchè aveva l'abbonamento. Purtroppo lavorava molto, quindi il primo che mi portò allo stadio, ed è un aneddoto molto divertente, è il Sig. Carrea che non ho mai dimenticato. Questo signore era un amicone di mio padre ed era un grande genoano, mi portò a vedere una partita, credo sia stato un evento storico, ed era Genoa-Prato, il Prato era, credo, in Serie B, forse l'unico anno in cui salì in cadetteria. La cosa comica è che mi misero a tacere, noi eravamo nella Sud, io ero piccolino, siccome il Prato aveva una maglia azzurra, diciamo celeste, io gridavo forza Doria e questi mi davano dei pattoni pazzeschi, mi disse stai zitto altrimenti ti porto via. Questa è stata la mia prima partita in assoluto. Evidentemente, vista la mia famiglia, la Sampdorianità era insita, era nel DNA di tutti noi.

Sin da ragazzino per me Cristin fu un idolo, poi a seguire tanti altri. Ovviamente -ma dico ovviamente per modo di dire, perchè a volte sento delle lamentele e parecchi mugugni- per me Mancini era il calcio, inoltre eravamo molto amici, anche con mio fratello. Mancini fu lui il gancio per contattare Mantovani per fare poi il famoso disco della Samp. Dunque direi che Mancini, ancora più di Vialli, mi è rimasto nel cuore. 

Mi ricordo che io ebbi le prime idee, cominciai a comporre qualcosa, mio fratello sentì e disse di fare un album per la Sampdoria. Mancini ci diede l'aggancio e il numero di telefono. Io chiamai con le orecchie chine e dissi: "buongiorno io vorrei parlare con il Dott. Mantovani". Mi passarono il presidente che fu entusiasta di questo progetto, gli avevamo dato una cassetta, disse che le canzoni erano bellissime e che i figli l'avevano ascoltate tutta la notte. Non ascoltavano altro, disse, erano commossi ed io lo ringraziai. Però, mi disse, "c'è una canzone che noi della società non ci sentiamo di avvallare perchè non è nella nostra logica parlare degli altri, noi vogliamo, semmai esaltare la Sampdoria". Io gli chiesi di quale canzone parlasse, era Erano i tempi. Dissi che l'avremmo tolta e che ne avremmo composte altre, ma il presidente dopo una lunga pausa disse: facciamo così, è molto bella, facciamo finta che io non gli ho detto niente, io però non so niente e lei l'ha fatta di sua iniziativa. 

Lettera da Amsterdam? Eravamo nell'ufficio del presidente Mantovani, ci aveva convocati per cose burocratiche, riguardanti il disco, dietro di lui vidi una foto della Sirenetta di Copenaghen con una meravigliosa sciarpa blucerchiata al collo, che un tifoso evidentemente in una trasferta oppure recandosi in quella città gli aveva messo al collo. Allora ci è venuto in mente di raccontare di un tifoso che vive fuori dall'Italia, non per forza a Copenaghen, poi la creatività dell'artista spazia e fa si che non per forza il dettaglio sia così preciso. Abbiamo pensato, e cantandola veniva bene il fatto di raccontare di uno che vedesse qualcosa di particolare, ciminiere e tulipani, e dunque abbiamo dirottato sull'Olanda. Dunque è venuta fuori questa storia, Lettera da Amsterdam, fra parentesi dedicata a S, che tutti mi chiedono chi è, in pratica è la Sampdoria, per poter giocare sul fatto che potesse essere dedicata ad una donna, la nostra amante ideale che è la Sampdoria.

Ho adottato dieci anni fa due ragazzi, due ragazzini brasiliani, di sei ed otto anni, dunque già grandicelli. Durante tutto il periodo dell'adozione, e poi a casa, gli avevo fatto sentire il CD, dunque conoscevano a memoria le canzoni della Sampdoria. Il primo giorno che li ho portati allo stadio, alla prima partita, c'è stata una delle prime sciarpate con Lettera da Amsterdam. Io, ovviamente, ero molto emozionato, ma mio figlio si è alzato in piedi gridando: questo qui è mio padre, questo qui è mio padre. La gente lo guardava come un pazzo. Mio figlio e mia figlia erano scatenati, questa è stata una grande emozione. 

L'album della Sampdoria è stato fatto nel '91, quindi diciamo senza remore che ha portato bene. Prendendo questo spunto ci siamo visti, proprio qui in studio con altri personaggi come il grande Manolo Strimpelli, Matteo MonfortePensie ed Enzo Tirotta il quale ha avuto l'idea e me l'ha lanciata, e ci siamo visti, anche con mio fratello. Ci siamo trovati per vedere se ci sarebbero venute altre idee, devo dire che sono arrivate e qui mi fermo. Alcune sono veramente belle, molto interessanti e chissà che non possa nascere un qualcosa di nuovo. Magari l'anno prima che possa succedere qualcosa veramente di grande come l'altra volta. Vabbè, forse ora pretendo un pò troppo. Ah... Scusa, forza Doria l'ho già detto?"