ESCLUSIVA SN - Pizzul: "Signorilità di Paolo Mantovani, ricordi di Boskov"

19.05.2021 11:13 di  Paolo Paolillo   vedi letture
ESCLUSIVA SN - Pizzul: "Signorilità di Paolo Mantovani, ricordi di Boskov"
TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Cinque Mondiali, quattro Europei e la vita calcistica di ogni trentenne - quarantenne di questo Paese. Bruno Pizzul ha raccontato questo e molto altro. Per tutti, un mito del giornalismo, con la sua voce e il suo stile inconfondibile, la sua pacatezza e purezza di termini. Ci ha fatto emozionare e noi di Sampdorianews.net siamo ancora più emozionati per il grande onore di averlo avuto in esclusiva ai nostri taccuini.

Sig. Pizzul, ci troviamo a celebrare i trent'anni dello Scudetto della Sampdoria. Era il 19 maggio del 1991. Lei era a 90° minuto a curare la moviola. Di quel Sampdoria-Lecce quale è l'immagine più significativa che ricorda? “Ricordo quel clima di festosa attesa che permeava la situazione intorno alla Sampdoria. Il vantaggio, in quel momento, era tale da consentire di preparare la festa. Al di là di quella partita però quella era una squadra che trasmetteva il senso dello stare assieme, del piacere del gioco per sè e per chi guardava, sia per la signorilità di Paolo Mantovani, il quale, nonostante i suoi problemi personali, dava sempre segno di grande tranquillità, sia per la personalità dei giocatori che giocavano in un clima di amicizia vera, oltre al loro valore individuale”.

Ha seguito la Sampdoria in gran parte delle partite più importanti della sua storia. Quale fu la gara che fece prendere consapevolezza alla squadra di essere vicina al proprio destino? “In quel campionato c'erano squadre molto forti e la Sampdoria non partiva coi favori del pronostico. C'era il Napoli di Maradona, le due milanesi e la Juventus, che aveva completato l'acquisto di Roberto Baggio. Credo che fu la partita vinta con l'Inter che dette la sensazione che quella squadra potesse farcela. Il girone di ritorno fu trionfale, a discapito di un girone di andata non brillante, tanto è vero che la Sampdoria non vinse il titolo di campione d'inverno. Era, però, una squadra sensazionale, al di là di Vialli e Mancini, c'era Vierchowod, per me il più grande difensore della storia, che giocava in coppia con Luca Pellegrini, il quale ogni tanto si prendeva qualche licenza in avanti, consapevole di avere dietro Vierchowod. C'erano giocatori di indubbio valore e di grande simpatia, come Attilio Lombardo o Toninho Cerezo, per fare un altro nome. Ricordo che, siccome qualcuno promise di tingersi i capelli di biondo qualora avessero vinto lo Scudetto, quando tornò con i capelli tinti da sua moglie, la stessa lo cacciò di casa. Il tutto con quella straordinaria persona di Vujadin Boskov a dirigere dalla panchina”.

Un suo ricordo personale del grande Vujadin Boskov. “Ho parecchi momenti di condivisione con Boskov. “Quando faceva i viaggi per tornare al suo Paese, passava da queste parti e si fermava qui. Una delle prime volte che lo incontrai, stava andando nella sua casa, sul lago di Bled, e passò da Trieste. Io gli dissi: "Perché passi di qua, se passi da Tarvisio è tutta autostrada e ci metti di meno". Quando tornò più avanti mi ringraziò perché gli avevo fatto risparmiare un sacco di tempo. Era un personaggio e un uomo straordinario, le sue battute sono diventate celeberrime e hanno fatto la storia, dal famoso rigore o "Gullit è come cervo che esce da foresta". Era un grande tecnico, ma non faceva pesare molto questa indubbia capacità strategica che aveva, specie ai giocatori, perché si fidava molto di loro, tant'è vero che lasciava una grande libertà, non ingabbiandoli in schemi tattici rigidi. Vierchowod ha raccontato anche che lui non vedeva metà campo, tra il serio e il fiabesco, e si rifiutava di mettere gli occhiali. Si fidava molto, soprattutto, del suo grande vice, Ciso Pezzotti, il grande Ciso, che gli diede una grande mano nel dirigere la squadra”.

L'amicizia fraterna era uno dei segreti di quell'annata straordinaria? “Direi di sì. In verità è una cosa che poi si diffonde a tutte le squadre: quando l'ambiente è di amicizia e reciproco rispetto, l'andamento della squadra va di pari passo. Vialli e Mancini stavano bene insieme, anche il resto del gruppo, ed esprimevamo un calcio orientato al divertimento proprio e anche al divertimento altrui. Non solo loro ma anche tra tutti c'era una forte amicizia, erano tutti legati ad un unico destino non solo sportivo, quasi esistenziale direi”.

Superlega europea, il Mondiale in Qatar ad ottobre, la Coppa Italia solo tra squadre di serie A e B. Lo Scudetto della Sampdoria è stato l'ultimo baluardo di un calcio che non c'è proprio più? “Beh sì, quello era un calcio che consentiva che si concretizzassero quei sogni per tutti: giocatori, allenatori e dirigenti. C'era un'aurea che progressivamente si è venuta deturpando, con l'incisività del fattore economico che ha prevalso negli anni”.

RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE CONSENTITA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE SAMPDORIANEWS.NET